LA CASSAZIONE DA’ RAGIONE A UN’ AZIENDA VITTIMA DI FALLIMENTO

Subire tassi d’interesse al di sopra del limite di legge è particolarmente ingiusto, in quanto, incappare nell’usura bancaria mina non solo la fiducia dei singoli nel sistema, ma può rallentare fino alla paralisi lo sviluppo aziendale. Perciò la pronuncia della Cassazione sul tema (ordinanza n.23192/17), emessa ad ottobre è particolarmente significativa e potrebbe rivelarsi foriera di ripercussioni profonde e durature.

La sentenza ha sancito che, gli interessi applicati su un contratto di mutuo superino il cosiddetto valore soglia, ai sensi dell’articolo 1 della legge 108/96, possono essere sommati quelli corrispettivi e quelli moratori.

L’ordinanza n.23192/17 ha chiarito che, laddove siano usurari solo gli interessi moratori previsti dall’iniziale contratto, il cliente non deve pagare neppure quelli corrispettivi.

Se un correntista, dopo aver pagato regolarmente per anni la rata mensile del mutuo realizza che, da contratto, il tasso che gli verrebbe applicato in caso di ritardo (QUELLO MORATORIO) è alto, può ricorrere al giudice. La banca invece si può difendere dichiarando che il valore ritenuto usurario non è mai stato applicato e che quindi la controparte non ha subito alcun danno concreto.

In base a quanto sancito dalla Cassazione, ad avere ragione è il correntista, in quanto vengono classificati come usurari gli interessi che oltrepassano la soglia fissati dalla legge al momento in cui gli stessi sono stati convenuti in contratto.

La sentenza in commento ha riguardato il caso di una banca che si era contrapposta a un’azienda vittima di fallimento. La CTU aveva poi dimostrato che, in fase di sottoscrizione del contratto, gli interessi moratori avevano sforato il tetto limite stabilito dalla legge. Quindi si trattava di usura originaria e non sopravvenuta, come sostenuto dalla banca.

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