La Cassazione Civile., Sez. VI, con ordinanza n. 6480 del 9 marzo 2021, chiarisce un punto importante laddove il correntista non sia in possesso del contratto di conto corrente e ne abbia fatto richiesta alla Banca.
Ai sensi del principio generale dell’onere della prova ex art. 2697 c.c., il correntista attore che agisce per la rideterminazione del saldo o la ripetizione dell’indebito ha l’onere di produrre il contratto; tuttavia, in presenza di pacifica acquisizione circa la conclusione del contratto verbis tantum o per facta concludentia, in caso di contestazione della banca, non può gravarsi il correntista della prova negativa della documentazione dell’accordo, incombendo semmai alla banca convenuta di dare prova positiva circa l’esistenza del contratto in forma scritta se vuole evitarne la pronunzia di nullità integrale ex art. 117 TUB. Difatti, Senza contratto scritto richiesto dalla legge ad substanziam non c’è diritto (della banca), perché la forma solenne è costitutiva del diritto medesimo
Si segnala ancora in materia la Cass. civ., Sez. I, ordinanza n. 24051 del 26 settembre 2019: “quanto alle singole clausole … se è vero che anche nelle azioni di accertamento negativo l’onere della prova incombe sull’attore, tuttavia quanto ai fatti negativi (nella specie, inesistenza di convenzione scritta di interessi ultralegali e di previsione contrattuale sufficientemente specifica di commissioni di massimo scoperto) trova applicazione il principio di vicinanza o inerenza della prova, che ribalta l’onere sul convenuto (principio teorizzato frequentemente nella giurisprudenza di legittimità e applicato anche dalle Sezioni Unite, nella sentenza n. 13533 del 30/10/2001 sulla prova dell’inadempimento)”.