Cassazione civile sez. III 22 marzo 2011 n. 6518
Giust. civ. Mass. 2011, 3, 439
INTERESSI – Anatocismo
Interessi – Anatocismo – Art. 1283 c.c. – Clausola di capitalizzazione degli interessi – Nullità – Sussistenza – Fondamento – Rilevabilità d’ufficio in sede di giudizio di impugnazione – Possibilità – Limiti
A norma dell’art. 1283 c.c. il quale, in mancanza di usi contrari, fissa il divieto di interessi sugli interessi scaduti, salvo che per il periodo successivo alla proposizione della domanda giudiziale o in forza di accordo successivo alla scadenza le clausole che prevedono una capitalizzazione degli interessi sono affette da nullità per contrasto con norme imperative, la quale è rilevabile d’ufficio, ai sensi dell’art. 1421 c.c., sia nel giudizio di appello che in quello di legittimità, ove il suo accertamento non implichi l’acquisizione di ulteriori elementi di fatto.
Conformi e difformi
(1) In senso conforme cfr.: Cass. 25 novembre 2010 n. 23974; Cass. 10 ottobre 2007 n. 21141.
Tribunale Roma sez. X 14 febbraio 2011 n. 3009
Redazione Giuffrè 2011
INTERESSI – Anatocismo
La nullità della clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi è rilevabile d’ ufficio, ai sensi dell’art. 1421 c.c. rientrando nei compiti del giudice llindagine sulla sussistenza delle condizioni dell’azione.
Tribunale Modena sez. II 03 dicembre 2010 n. 1922
Giurisprudenza locale – Modena 2010
INTERESSI – Anatocismo
Con riferimento al divieto di anatocismo derivante dalla prassi di capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi bancari occorre distinguere fra clausole anatocistiche contenute in contratti stipulati prima dell’entrata in vigore della delibera CICR (30 giugno 2000) e clausole contenute in contratti conclusi successivamente: le prime sono nulle perché fondate su di un mero uso negoziale non idoneo a derogare all’art. 1283 c. c.; le seconde sono invece legittime purché rispettose del principio di simmetria (identica periodicità rispetto alla capitalizzazione degli interessi attivi).
Tribunale Salerno sez. I 24 luglio 2010 n. 1743
Redazione Giuffrè 2010
INTERESSI – Anatocismo
La clausola che prevede la capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi è affetta da nullità radicale per violazione dell’art. 1283 c.c. e la mancata contestazione degli estratti conto non pregiudica la possibilità di eccepire l’invalidità e l’inefficacia del rapporto obbligatorio da cui derivano gli accrediti e gli addebiti nel conto corrente.
Cassazione civile sez. III 19 maggio 2010 n. 12276
Redazione Giuffrè 2010
INTERESSI – Anatocismo
La disciplina di cui all’art. 1283 c.c. prevede che gli interessi moratori possano produrre interessi soltanto sulla base di una convenzione posteriore alla loro scadenza, purché si tratti di interessi maturati per almeno sei mesi. Diversamente, è necessario che gli interessi sugli interessi siano richiesti in modo espresso con la domanda giudiziale, proposta dopo che gli interessi scaduti abbiano maturato la loro idoneità a produrne altri. In mancanza, quindi, di una convenzione successiva alla scadenza che determini un tasso diverso, gli interessi sugli interessi scaduti, chiesti dalla domanda giudiziale, sono dovuti esclusivamente nella misura legale.
<h4Tribunale Roma sez. VIII 08 settembre 2009 n. 18253
Redazione Giuffrè 2009
INTERESSI – Anatocismo
La capitalizzazione trimestrale degli interessi da parte delle banche sui saldi di conto corrente passivi per i clienti non costituisce uso normativo, ma uso negoziale, inidoneo ad operare automaticamente con effetto integrativo del contratto e, dunque, la clausola contrattuale relativa deve essere ritenuta e dichiarata nulla per vio1azione del suddetto art. 1283 c.c., norma pacificamente ritenuta di carattere imperativo, oltre che di natura eccezionale.
Tribunale Tivoli 24 giugno 2009
Redazione Giuffrè 2009
INTERESSI – Anatocismo
Merita accoglimento l’opposizione a decreto ingiuntivo avente ad oggetto il pagamento di interessi anatocistici, si tratta della capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi relativi all’esposizione debitoria di conto corrente. Conseguenza della riconosciuta nullità per violazione di norme imperative è la rilevabilità d’ufficio da parte del Giudice in tutti i casi in cui della clausola nulla si chieda l’adempimento, divieto vigente fino alla delibera del 9.2.2000 del CICR, che ha imposto alle banche di uniformarsi alla nuova disciplina. Dalla predetta data la capitalizzazione degli interessi avviene trimestralmente senza alcun problema di nullità per violazione dell’art. 1283 c.c. in virtù della deroga autorizzata dall’art. 120 comma 2 del t.u.b., resta fermo invece il divieto per il periodo precedente.
Tribunale Torino sez. VI 28 aprile 2008 n. 3157
Guida al diritto 2009, 1, 87 (s.m.)
INTERESSI – In genere
Dopo l’entrata in vigore della delibera del Comitato interministeriale per il credito e il risparmio del 9 febbraio 2000, la capitalizzazione trimestrale degli interessi debitori è legittima solo in quanto applicata anche agli interessi creditori ed esplicitamente approvata dal cliente.
Cassazione civile sez. I 30 novembre 2007 n. 25016
Guida al diritto 2008, 3, 60 (s.m.)
INTERESSI – Anatocismo
In tema di capitalizzazione trimestrale degli interessi sui saldi di conto corrente bancario passivi per il cliente, a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 425 del 2000, che ha dichiarato costituzionalmente illegittimo, per violazione dell’art. 76 cost., l’art. 25, comma 3, d.lg. n. 342 del 1999, il quale aveva fatto salva la validità e l’efficacia – fino all’entrata in vigore della delibera Cicr di cui al comma 2 del medesimo art. 25 – delle clausole anatocistiche stipulate in precedenza, siffatte clausole, secondo i principi che regolano la successione delle leggi nel tempo, sono disciplinate dalla normativa anteriormente in vigore e, quindi, sono da considerare nulle in quanto stipulate in violazione dell’art. 1283 c.c. Le stesse, infatti, sono basate su un uso negoziale, anziché su un uso normativo, mancando di questo ultimo il necessario requisito soggettivo, consistente nella consapevolezza di prestare osservanza, operando in un certo modo, a una norma giuridica, per la convinzione che il comportamento tenuto è giuridicamente obbligatorio, in quanto conforme ad una norma che già esiste o che si reputa debba fare parte dell’ordinamento giuridico. (“opinio iuris ac necessitatis”).
Corte Costituzionale 12 ottobre 2007 n. 341
Giur. cost. 2007, 5, 3418 (s.m.) (nota di: PACE), Giur. cost. 2007, 6, 4992 (s.m.) (nota di: NIGRO)
INTERESSI – Anatocismo
In riferimento alla q.l.c. dell’art. 25 comma 2 d.lg. 4 agosto 1999 n. 342, censurato, in riferimento agli art. 1, 3, 70, 76 e 77 cost., nella parte in cui inserisce nell’art. 120 t.u. delle leggi in materia bancaria e creditizia un comma 2, secondo il quale il Cicr stabilisce modalità e criteri per la produzione di interessi sugli interessi maturati nelle operazioni poste in essere nell’esercizio dell’attività bancaria, prevedendo in ogni caso che nelle operazioni in conto corrente sia assicurata nei confronti della clientela la stessa periodicità nel conteggio degli interessi sia debitori che creditori, va rigettata l’eccezione di inammissibilità per difetto di rilevanza, in quanto dall’ordinanza di rimessione risulta che la tematica relativa alla compatibilità delle condizioni del contratto di conto corrente dedotto in giudizio – e del quantum pecuniario chiesto in via riconvenzionale – con l’art. 1283 c.c. fa parte del giudizio principale e ciè è sufficiente per escludere che la questione possa essere ritenuta irrilevante nel giudizio a quo.
Corte costituzionale 12 ottobre 2007 n. 341
Giur. cost. 2007, 5, 3418 (s.m.) (nota di: PACE), Giur. cost. 2007, 6, 4992 (s.m.) (nota di: NIGRO)
INTERESSI – Anatocismo
Non è fondata la q.l.c. dell’art. 25 comma 2 d.lg. 4 agosto 1999 n. 342, censurato, in riferimento all’art. 76 cost., nella parte in cui inserisce nell’art. 120 t.u. delle leggi in materia bancaria e creditizia un comma 2, secondo il quale il Cicr stabilisce modalità e criteri per la produzione di interessi sugli interessi maturati nelle operazioni poste in essere nell’esercizio dell’attività bancaria, prevedendo in ogni caso che nelle operazioni in conto corrente sia assicurata nei confronti della clientela la stessa periodicità nel conteggio degli interessi sia debitori che creditori. Posto che l’art. 1 comma 5 l. 24 aprile 1998 n. 128 delegava il Governo ad emanare disposizioni integrative e correttive del d.lg. 1 settembre 1993 n. 385 e successive modificazioni, nel rispetto dei principi e criteri direttivi indicati nell’art. 25 l. 19 febbraio 1992 n. 142, consistenti nell’adeguamento della disciplina vigente per gli enti creditizi autorizzati in Italia al contenuto della direttiva comunitaria 89/646/Cee e nella necessità che i confini di detta azione adeguatrice potessero estendersi alle altre disposizioni vigenti nella stessa materia, l’introduzione nel nostro ordinamento dell’anatocismo bancario ad opera della norma impugnata, in deroga al divieto di cui all’art. 1283 c.c., rientra nel perimetro normativo tracciato dal legislatore delegante in quanto, secondo la citata direttiva, gli enti creditizi di tutti gli Stati dell’Unione potevano esercitare in Italia le attività bancarie e gli Stati dovevano vigilare affinché non vi fossero ostacoli a che le attività ammesse a beneficiare del riconoscimento reciproco potessero essere esercitate allo stesso modo che nello Stato d’origine, purché non incompatibili con le disposizioni di interesse generale in vigore nello Stato ospitante, sicché, essendo la disciplina dell’anatocismo bancario nei principali Stati dell’Unione diversa da quella prevista nei rapporti di diritto civile, rientrava nel processo di adeguamento al contenuto della direttiva e di coordinamento del t.u. bancario, precisare se l’anatocismo bancario poteva avere ingresso in Italia e, in caso affermativo, individuare il soggetto cui spettava determinare il periodo di tempo in cui la capitalizzazione degli interessi doveva avvenire.
Non è fondata la q.l.c. dell’art. 25 comma 2 d.lg. 4 agosto 1999 n. 342, censurato, in riferimento agli art. 1, 3, 70, 76 e 77 cost., nella parte in cui inserisce nell’art. 120 t.u. delle leggi in materia bancaria e creditizia un comma 2, secondo il quale il Cicr stabilisce modalità e criteri per la produzione di interessi sugli interessi maturati nelle operazioni poste in essere nell’esercizio dell’attività bancaria, prevedendo in ogni caso che nelle operazioni in conto corrente sia assicurata nei confronti della clientela la stessa periodicità nel conteggio degli interessi sia debitori che creditori. Infatti, non sussistono né la lamentata disparità di trattamento derivante dalla diversa disciplina applicabile a chi intrattenga rapporti concernenti obbligazioni pecuniarie, a seconda che essi riguardino o meno istituti di credito, stante la differente natura dei soggetti con cui il rapporto è intrattenuto, che rende non comparabili le due situazioni poste a raffronto, né quella derivante dalla applicazione della nuova normativa ai soli contratti sorti successivamente alla adozione della deliberazione del Cicr, ben potendo darsi trattamenti differenziati anche di una medesima categoria se riferiti a momenti diversi del tempo, né la violazione degli art. 1, 70, 76 e 77 cost., posto che la materia su cui incide la norma oggetto della questione di costituzionalità non risulta essere presidiata da alcuna specifica riserva di legge.
Interessi – Anatocismo – Patto che prevede la capitalizzazione degli interessi passivi maturati e la produzione di ulteriori interessi – Nullità del patto – Rilievo d’ufficio ad opera del giudice – Ammissibilità.
Non è inibito al giudice scrutinare ex officio, in presenza di una sia pur generica contestazione, sotto il profilo della validità, il patto con il quale si è stabilita la capitalizzazione degli interessi passivi maturati e, quindi, la produzione da parte loro di ulteriori interessi.
Note giurisprudenziali
Giust. civ. 2007, 12, 01, 2667
(1-2) La questione di legittimità costituzionale decisa dalla sentenza in commento è stata sollevata da Trib. Catania, ord. 9 agosto 2005, in G.U., 1° sr. speciale, n. 17 del 2006 (e in Banca borsa, 2006, II, 220, con nota di Mirone, La normativa sull’anatocismo bancario nuovamente al vaglio della Corte Costituzionale).
Il principio enunciato dalla prima massima, come ben chiarito in motivazione, è stato reso soltanto ai fini della valutazione di ammissibilità della questione di legittimità costituzionale proposta. Affermandolo, il giudice delle leggi ha espressamente avallato la consolidata giurisprudenza di legittimità sullo specifico tema. In particolare, richiamate nella parte motiva sono:
- Cass. 1° marzo 2007 n. 4853 (in Giur. it., 2007, 1191), che ha deciso che nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo ottenuto da una banca nei confronti di un correntista, la nullità della clausola del contratto di conto corrente bancario che prevede la capitalizzazione trimestrale degli interessi dovuti dal cliente sul saldo passivo, in quanto stipulata in violazione dell’art. 1283 c.c., è rilevabile d’ufficio, ai sensi dell’art. 1421 c.c., anche in sede di gravame, qualora vi sia contestazione, ancorché per ragioni diverse, sul titolo posto a fondamento della domanda degli interessi anatocistici, rientrando nei compiti del giudice l’indagine in ordine alla sussistenza delle condizioni dell’azione; in tale giudizio, infatti, il creditore assume la veste sostanziale di attore, sicché, laddove l’opponente abbia contestato l’ammontare degli interessi dovuti, il giudice, nel determinare tali interessi, dovendo utilizzare il titolo contrattuale posto a fondamento della pretesa, è tenuto a rilevare d’ufficio la nullità dalla quale il negozio sia affetto;
- Cass. 28 ottobre 2005 n. 21080, ove si è ulteriormente osservato che la nullità delle clausole che prevedono un tasso d’interesse usurario e la capitalizzazione trimestrale degli interessi a debito, in quanto correlata alla violazione di norme imperative, può essere rilevata in ogni stato e grado del giudizio, e quindi anche in appello, senza che ciò si traduca in una violazione dei principi della domanda e del contraddittorio, i quali escludono che, qualora la parte abbia chiesto l’accertamento dell’invalidità di un atto a sé pregiudizievole, la pronuncia del giudice possa fondarsi su ragioni d’invalidità diverse da quelle enunciate dall’interessato o tardivamente indicate, ed esigono che entrambe le parti abbiano avuto la possibilità di trattare la questione, secondo i principi del giusto processo. Nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo ottenuto da una banca nei confronti di un correntista, infatti, assumendo l’opponente la posizione sostanziale di convenuto, la deduzione della predetta nullità, rilevabile anche d’ufficio, non integra gli estremi di un’eccezione in senso stretto, ma costituisce una mera difesa, inidonea a condizionare i poteri decisori del giudice, che può essere avanzata anche in appello, nonché formulata in comparsa conclusionale, qualora sia fondata su elementi già acquisiti al giudizio, potendo essere contrastata dalla controparte con la memoria di replica;
- Cass. 13 ottobre 2005 n. 19882, secondo cui la nullità della clausola anatocistica di capitalizzazione trimestrale degli interessi sui saldi passivi, inserita nel contratto di conto corrente bancario da cui deriva il credito azionato in giudizio, è rilevabile d’ufficio dal giudice anche in grado di appello, rimanendo irrilevante, a tal fine, l’assenza di una deduzione (o di una tempestiva deduzione) del profilo di invalidità ad opera dell’interessato, la quale rappresenta una mera difesa, inidonea a condizionare, in senso positivo o negativo, l’esercizio del potere di rilievo officioso della nullità del contratto (art. 1421 c.c.);
- Cass. 25 febbraio 2005 n. 4092, ove si è chiarito che l’ammissibilità del rilievo d’ufficio della nullità del patto di capitalizzazione trimestrale degli interessi sui saldi di conto corrente bancario passivi per il cliente, è giustificata dalla circostanza che rientra nei compiti del giudice l’indagine sulla sussistenza delle condizioni dell’azione.
Come ricordato in motivazione, peraltro, il giudice delle leggi è già intervenuto sulla disposizione oggetto del presente giudizio di legittimità costituzionale: C. cost. 17 ottobre 2000 n. 425 (in questa Rivista, 2001, I, 300) ha dichiarato l’illegittimità costituzionale – in riferimento all’art. 76 cost., per eccesso di delega rispetto all’art. 1, comma 5, l. 24 aprile 1998 n. 128 – dell’art. 25, comma 3, d. lgs. 4 agosto 1999 n. 342, nella parte in cui stabilisce che le clausole relative alla produzione di interessi sugli interessi maturati, contenute nei contratti bancari stipulati anteriormente alla data di entrata in vigore della delibera del Comitato interministeriale per il credito ed il risparmio (Cicr) relativa alle modalità e criteri per la produzione di interessi sugli interessi maturati nelle operazioni poste in essere nell’esercizio dell’attività bancaria (delibera poi emessa il 9 febbraio 2000 ed entrata in vigore il 22 aprile 2000), siano valide ed efficaci fino a tale data e che, dopo di essa, debbono essere adeguate – a pena di inefficacia da farsi valere solo dal cliente – al disposto della menzionata delibera, con le modalità ed i tempi ivi previsti.
In dottrina, a commento di questa decisione si ricordano: Santucci,Riflessioni sulla nuova derogabilità del divieto di anatocismo, in Giur. comm., 2001, II, 179; Mucciarone,L’anatocismo bancario: tra usi, interventi governativi e clausola n.u.b., in Banca borsa, 2001, II, 1; Lupo, Quale sindacato sui decreti legislativi correttivi?, in Giur. cost., 2000, 3192; Carbone V.,L’anatocismo bancario dopo l’intervento della Corte costituzionale, in Corr. giur., 2000, 1453; Carozzi,Dopo la pronunzia della Consulta si riapre il dibattito sull’anatocismo bancario, in Dir. banca, 2001, 199; Panzani,La disciplina dell’anatocismo dopo la recente sentenza della Corte Costituzionale, in Fall., 2001, 19; Oliva,Capitalizzazione trimestrale degli interessi di conto corrente e incostituzionalità dell’art. 25, comma 3, d. lgs. n. 342/1999 , ivi; Fauceglia,Anatocismo bancario: la Consulta boccia la disposizione di sanatoria, in Dir. prat. soc., 2000, n. 21, p. 58; D’Alessandro P.,La Corte costituzionale interviene sulla vicenda degli interessi bancari anatocistici, in Nuove leggi civ. comm., 2000, 1303.
Sempre richiamata in motivazione è Cass. 16 marzo 1999 n. 2374 (in questa Rivista, 1999, I, 1301, con note di Giacalone, Illegittima la capitalizzazione trimestrale degli interessi bancari a debito dei clienti, di Costanza, Anatocismo: la svolta della Cassazione, p. 1535, e di Moscuzza, L’anatocismo nel contratto di conto corrente ordinario e nel contratto di conto corrente bancario, ivi, p. 1588), che aveva deciso che la previsione contenuta nei contratti di conto corrente bancario, concernente la capitalizzazione trimestrale degli interessi dovuti dal cliente, in quanto basata su un mero uso negoziale e non su una vera e propria norma consuetudinaria, è nulla, in quanto anteriore alla scadenza degli interessi.
A commento di questa pronuncia si segnalano anche: Ginevra, Dolmetta, Perrone, Risarcimento dei danni da inadempimento di obbligazioni di interessi e anatocismo, in Banca borsa, 1999, II, 389; Porzio, Rilievi critici sulle recenti sentenze della cassazione in materia di anatocismo, ivi, 649; Carbone V., Anatocismo e usi bancari: la Cassazione ci ripensa, in Corr. giur., 1999, 562; Panzani, Anatocismo: tra giurisprudenza e nuova legislazione, in Fall., 1999, 1230; Ferro Luzzi, Prime considerazioni a margine della sentenza della Corte di Cassazione del 16 marzo 1999, n. 2374, in tema di: anatocismo, usi e conto corrente bancario, in Riv. dir. comm., 1999, II, 167; Cottino, La Cassazione muta indirizzo in tema di anatocismo, in Giur. it., 1999, 1221; Dell’Anna Misurale, La nuova giurisprudenza in materia di anatocismo: riflessioni critiche sul revirement della Cassazione, ivi, 1873; Moreschini, Una prassi imposta dagli istituti di credito che non tutela la posizione dei consumatori, in Guida al diritto, 1999, n. 13, p. 43.
Come ricordato dalla sentenza in esame, sulla materia si è pronunciata anche C. giust. Ce 5 ottobre 2004 in causa C-442/02 (in Diritto e giustizia, 2005, n. 2, p. 89), che ha deciso che il diritto di stabilimento previsto all’art. 43 del Trattato Ce, nel combinato disposto con l’art. 48 del Trattato Ce, è riconosciuto sia alle persone fisiche aventi la cittadinanza di uno Stato membro della Comunità, sia alle persone giuridiche ai sensi dell’art. 48 del Trattato Ce. Esso comporta, fatte salve le eccezioni e le condizioni previste, l’accesso, nel territorio di un altro Stato membro, a tutte le attività autonome e al loro esercizio, nonché la costituzione e la gestione di imprese e la creazione di agenzie, succursali o consociate. L’art. 43 del Trattato Ce impone l’abolizione delle restrizioni alla libertà di stabilimento. Devono essere considerate tali tutte le misure che vietano, ostacolano o scoraggiano l’esercizio di tale libertà. Il divieto di remunerare i conti di deposito a vista, come quello dettato dalla normativa francese, costituisce per le società di Stati membri diversi dalla Repubblica francese un serio ostacolo all’esercizio delle loro attività in Francia tramite filiali, il che pregiudica il loro accesso al mercato. Conseguentemente, tale divieto si risolve in una restrizione ai sensi dell’art. 43 del Trattato Ce. In tal senso, per gli enti creditizi, filiali di una società straniera, che intendano fare ingresso sul mercato di uno Stato membro, la concorrenza attuata per mezzo del tasso di remunerazione dei conti di deposito a vista costituisce uno dei metodi più efficaci a tal fine. L’accesso al mercato per questi enti viene quindi reso più difficile per effetto di tale divieto. Inoltre, la restrizione alla libertà di stabilimento, risultante dalla normativa controversa, non può essere giustificata in base alla necessità di tutelare i consumatori oppure di incentivare il risparmio a medio e a lungo termine, in quanto il divieto imposto dalla legge nazionale costituisce una misura che va oltre quanto necessario per il raggiungimento dei suddetti scopi. Pertanto, l’art. 43 del Trattato Ce osta alla normativa di uno Stato membro che vieti ad un ente creditizio, filiale di una società di un altro Stato membro, di remunerare i conti di deposito a vista in euro, aperti da residenti nel primo Stato membro.
Cassazione civile sez. I 01 marzo 2007 n. 4853
Giust. civ. Mass. 2007, 3, Foro it. 2008, 4, I, 1258
INTERESSI – Anatocismo
Interessi – Anatocismo – Conto corrente bancario – Clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi – Nullità – Opposizione a decreto ingiuntivo – Rilevabilità d’ufficio anche in appello – Fondamento – Condizioni.
Nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo ottenuto da una banca nei confronti di un correntista, la nullità della clausola del contratto di conto corrente bancario che prevede la capitalizzazione trimestrale degli interessi dovuti dal cliente sul saldo passivo, in quanto stipulata in violazione dell’art. 1283 c.c., è rilevabile d’ufficio, ai sensi dell’art. 1421 c.c., anche in sede di gravame, qualora vi sia contestazione, ancorché per ragioni diverse, sul titolo posto a fondamento della domanda degli interessi anatocistici, rientrando nei compiti del giudice l’indagine in ordine alla sussistenza delle condizioni dell’azione; in tale giudizio, infatti, il creditore assume la veste sostanziale di attore, sicché, laddove l’opponente abbia contestato l’ammontare degli interessi dovuti, il giudice, nel determinare tali interessi, dovendo utilizzare il titolo contrattuale posto a fondamento della pretesa, è tenuto a rilevare d’ufficio la nullità dalla quale il negozio sia affetto.
Conformi e difformi
In senso sostanzialmente conforme cfr.: Cass. 28 ottobre 2005 n. 21080; Cass. 13 ottobre 2005 n. 19882.
Tribunale Monza 07 aprile 2006
Redazione Giuffrè 2006
INTERESSI – Anatocismo
Le clausole contenute nei contratti bancari stipulati prima della modifica dell’art. 120 t.u.L.B. apportata con llart. 25 d. lg. 4 agosto 1999, n. 342 e dalla successiva adozione della delibera C.I.C.R. 9 febbraio 2000, debbono ritenersi affette da nullità, in quanto contrastanti con il disposto di cui all’art. 1283 c.c. e non giustificate dall’esistenza di alcun uso normativo anteriore. Acclarata la nullità di tale clausola, ne consegue che le somme corrisposte durante rapporto sono prive di causa e quindi costituiscono indebito oggettivo ex art. 2033 c.c., nella specifica ipotesi di condictio ob causam finitamm, non essendo ravvisabile nella loro corresponsione, l’ottemperanza ad alcuna obbligazione naturale.
La domanda di ripetizione delle somme attribuire alla banca a titolo di anatocismo e commissione di massimo scoperto non è soggetta al termine di prescrizione breve previsto dal n. 4 dell’art. 2948 c.c., bensì, trattandosi non di azione diretta ad ottenere il pagamento di interessi non corrisposti, bensì di azione mirata a conseguire la restituzione di interessi indebitamente corrisposti, ex art. 2033 c.c., al termine ordinario decennale di prescrizione ex art. 2946 c.c. decorrente dalla data di chiusura del conto corrente.
Cassazione civile sez. I 13 ottobre 2005 n. 19882
Giust. civ. Mass. 2005, 10
INTERESSI – In genere
Testo
La nullità della clausola anatocistica di capitalizzazione trimestrale degli interessi sui saldi passivi, inserita nel contratto di conto corrente bancario da cui deriva il credito azionato in giudizio, è rilevabile d’ufficio dal giudice anche in grado di appello, rimanendo irrilevante, a tal fine, l’assenza di una deduzione (o di una tempestiva deduzione) del profilo di invalidità ad opera dell’interessato, la quale rappresenta una mera difesa, inidonea a condizionare, in senso positivo o negativo, l’esercizio del potere di rilievo officioso della nullità del contratto (art. 1421 c.c.).
Conformi e difformi
In senso sostanzialmene conforme cfr. Cass. 19 maggio 2005 n. 10599.
Cassazione civile sez. I 25 febbraio 2005 n. 4095
Nuovo dir. 2005, 12, 1055 (s.m.) (nota di: TALDONE)
INTERESSI – In genere
In tema di capitalizzazione trimestrale la clausola di un contratto bancario, che preveda la capitalizzazione trimestrale degli interessi dovuti dal cliente, deve ritenersi nulla, i n quanto si basa su un uso negoziale e non su un uso normativo, come invece esige l’art. 1283 c.c., laddove prevede che l’anatocismo non possa ammettersi in mancanza di usi contrari.
Cassazione civile sez. un. 04 novembre 2004 n. 21095
Riv. dir. comm. 2005, 7/8/9, II, 163 (s.m.) (nota di: COLOMBO)
INTERESSI – Anatocismo
Nell’ambito dei rapporti bancari regolati in conto corrente, relativamente al periodo antecedente all’entrata in vigore della deliberazione del C.I.C.R. 9 febbraio 2000, sono nulle, in quanto contrastanti con il disposto dell’art. 1283 c.c., le clausole di addebito trimestrale degli interessi dovuti dal correntista.
L’uso di annotare con cadenza trimestrale gli interessi a debito del correntista è un uso meramente negoziale e non normativo e, come tale, risulta inidoneo a derogare al disposto dell’art. 1283 c.c., anche con riferimento al periodo anteriore alle decisioni con cui la Corte di cassazione ha accertato, in difformità rispetto all’orientamento sino ad allora seguito, llinesistenza di tale uso normativo, difettandone anche in relazione a tale epoca i presupposti.
Sentenze conformi
Cassazione civile sez. I 14 maggio 2005 n. 10127
Tribunale Firenze sez. III 16 febbraio 2004
Giurisprudenza locale – Firenze 2004
INTERESSI – In genere
L’anatocismo in conto corrente bancario è, in via di principio, illegittimo, in assenza di uso normativo che lo preveda; è legittima, tuttavia, la capitalizzazione annuale degli interessi in regime di reciprocità.
Cassazione civile sez. III 30 marzo 1999 n. 3096
Giust. civ. 1999, I,1301 (nota di: GIACALONE), Banca borsa tit. cred. 1999, II, 389 (nota di: GINEVRA;DOLMETTA,PERRONE), Banca borsa tit. cred. 1999, II, 649 (nota di: PORZIO), Giust. civ. 1999, I,1585 (nota di: COSTANZA; MOSCUZZA), Giust. civ. Mass. 1999, 720, Corriere giuridico 1999, 561 (nota di: CARBONE)
INTERESSI – In genere
La capitalizzazione trimestrale degli interessi da parte della banca sui saldi di conto corrente passivi per il cliente non costituisce un uso normativo, ma un uso negoziale, essendo stata tale diversa periodicità della capitalizzazione (più breve rispetto a quella annuale applicata a favore del cliente sui saldi di conto corrente per lui attivi alla fine di ciascun anno solare) adottata per la prima volta in via generale su iniziativa dell’ABI nel 1952 e non essendo connotata la reiterazione del comportamento dalla “opinio iuris ac necessitatis”.
Cassazione civile sez. I 16 marzo 1999 n. 2374
Giust. civ. 1999, I,1301,1585 (nota di: GIACALONE;COSTANZA;MOSCUZ), Banca borsa tit. cred. 1999, II, 389 (nota di: GINEVRA;DOLMETTA,PERRONE), Banca borsa tit. cred. 1999, II, 649 (nota di: PORZIO), Giust. civ. Mass. 1999, 579, Contratti (I) 1999, 437 (nota di: DE NOVA), Corriere giuridico 1999, 562 (nota di: CARBONE), Danno e resp. 1999, 914, Fallimento 1999, 1230 (nota di: PANZANI), Fisco (Il) 1999, 5311, Foro it. 1999, I,1153, Giur. it. 1999, 1221 (nota di: COTTINO), Giur. it. 1999, 1873 (nota di: DELL’ANNA MISURALE), Notariato 1999, 309, Riv. dir. comm. 1999, II, 167 (nota di: FERRO LUZZI), Il civilista 2011, 4, 12 (s.m.) (nota di: CELARDI)
INTERESSI – In genere
La previsione contenuta nei contratti di conto corrente bancario, concernente la capitalizzazione trimestrale degli interessi dovuti dal cliente, in quanto basata su un mero uso negoziale e non su una vera e propria norma consuetudinaria, è nulla, in quanto anteriore alla scadenza degli interessi.
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