Corte di Cassazione – sez. VI civ. – ordinanza n. 4321 del 10-02-2022
Questa ordinanza segna un punto importante in tema di anatocismo.
La Suprema Corte ha riconosciuto che la clausola che prevede la “pari periodicità” di capitalizzazione, contenuta nei contratti sottoposti alla disciplina di cui alla delibera Cicr del 9 febbraio 2000 (attuativa della norma di cui all’art. 120 d.lgs. 385/1993), non legittima l’anatocismo se, di fatto, è indicato un tasso di interesse effettivo annuo creditore (per il correntista) identico a quello nominale, giacchè viene meno un’esigenza di trasparenza nell’indicazione delle condizioni economiche del contratto.
E’ evidente infatti che nel caso in cui sia previsto, a favore della banca, un tasso di interesse debitore annuo “in conseguenza della capitalizzazione” maggiore di quello nominale, mentre, invece, sia indicato un tasso di interesse effettivo annuo creditore identico a quello nominale, la banca otterrà un beneficio dalla capitalizzazione (il tasso effettivo annuo conseguente alla capitalizzazione è maggiore, infatti, del tasso nominale) al contrario del correntista che, invece, non ne otterrà alcun vantaggio; quest’ultimo, infatti, “in conseguenza della capitalizzazione” avrà un tasso annuo identico a quello nominale, il che non può che significare che, quindi, la capitalizzazione non avrà significativo effetto a suo favore.
In altre parole l’indicazione, in contratto, di un tasso annuo effettivo dell’interesse creditore corrispondente a quello nominale rende per un verso priva di contenuto la clausola anatocistica riferita agli interessi attivi – giacché sconfessa, nei fatti, che detti interessi siano soggetti a capitalizzazione – e non soddisfa, per altro verso, quanto esige l’art. 6 della delibera CICR secondo cui, nei casi in cui è prevista una capitalizzazione infrannuale, deve essere indicato il valore del tasso, rapportato su base annua, tenendo conto degli effetti della capitalizzazione